Diritto all’oblio: Si può essere dimenticati su internet?

Internet… è quasi spaventoso pensare quanto basti poco per diventare virali. Un meme, un post su facebook, un video… e in men che non si dica viene ripostato, condiviso e lanciato attraverso tutta la rete fino a raggiungere ogni angolo del globo. Tutto meraviglioso se quel contenuto lo avevamo creato proprio perché diventasse virale. E se invece non avremmo voluto? Per tutelarci da questa possibilità, è nato il diritto all’oblio. Ma cos’è? Ecco tutti i dettagli!

La libertà di manifestazione del pensiero è sancita dall’art. 21 della Costituzione che garantisce ad ogni soggetto («tutti») la facoltà di esteriorizzare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Inoltre, l’art. 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino definisce «la libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare  liberamente,  salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge».

Dal momento che tutti siamo dei potenziali giornalisti, dobbiamo calcolare con attenzione quello che scriviamo per evitare di incorrere in conseguenze serie. La critica smette di essere civile quando oltrepassa lo scopo informativo e manca di serenità e obiettività, quando calpesta quel minimo di dignità cui ogni persona ha sempre diritto o quando non è improntata verso una corretta chiarezza.

Il diritto all’oblio

Può accadere che si scrivano o si dicano cose che danneggiano irreversibilmente il nome e la reputazione di una persona, magari senza volerlo. Che rimedi ci sono in questi casi per riparare alla diffusione di notizie “distruttive”? La risposta è il diritto all’oblio, uno dei maggiori terreni di scontro sul quale si combatte la battaglia per la protezione della privacy e dei dati personali. In un modo o nell’altro, tutti i big del web hanno dovuto fare i conti con richieste di cancellazione dei dati dalla Rete: Google, tanto per fare un esempio, ha già cancellato centinaia di migliaia di risultati dalle sue ricerche.

Una situazione che è cambiata con l’entrata in vigore del GDPR, nuovo regolamento europeo per la protezione dei dati. Dopo tanta attesa il diritto all’oblio viene dotato di un regolamento “attuativo” che ne stabilisce portata e limiti. Una novità sostanziale nel quale il diritto all’oblio era riconosciuto solo a livello giurisprudenziale, giudicato caso per caso, senza che fossero ancora presenti precise prescrizioni sul campo e sulle modalità di attuazione.

La stessa Cassazione definisce il diritto all’oblio come il “giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata”.

Tradotto in termini più comprensibili, il diritto all’oblio consente a un individuo, autore di un reato in passato, di richiedere che il fatto non sia più pubblicizzato o divulgato dalla stampa e da altri mezzi di informazione (Internet incluso). Insomma, grazie al diritto all’oblio chiunque può chiedere la non divulgazione (o la rimozione) di notizie ritenute lesive della propria reputazione dopo un determinato lasso di tempo.

In particolare, tanto la Corte Europea quanto la Corte di Cassazione, hanno stabilito (con diverse sentenze) che il diritto di cronaca e all’informazione prevalga sul diritto all’oblio. Un principio giuridico che trova ora anche una sua regolamentazione nel GDPR. Questo è un argomento delicato che deve essere trattato in maniera approfondita. Sei stato vittima di notizie false nel web che hanno danneggiato la tua immagine? Contattaci! Noi di SpazioLegale ti offriremo tutto l’aiuto di cui ha bisogno.

La redazioneDiritto all’oblio: Si può essere dimenticati su internet?