PRIVACY E CORONAVIRUS: RISCHI DA NON CORRERE

Quando le informazioni mancano, le voci crescono”, questa frase di Alberto Moravia è più che mai attuale in un periodo, come quello che stiamo attraversando, caratterizzato da un’ emergenza senza precedenti. Il Covid 19, nemico invisibile, sta mettendo a dura la tenuta nervosa – e non solo – di ognuno di noi

In questo clima surreale, può succedere che si inneschino delle reazioni a catena che sembrano inarrestabili. Ed infatti, molti di noi cedono alla tentazione di mettere in guardia amici e parenti, fornendo loro informazioni sull’identità di soggetti colpiti da Covid-19. Un’ anacronistica caccia agli “untori” che, oltre ad aumentare la psicosi generale, spesso sfocia in atti di discriminazione e ingiustificato allarmismo, con conseguenze inevitabili per chi è stato colpito dall’infezione, o sospetta di esserlo, e per i propri familiari.

Se da un lato la limitazione delle libertà diviene inevitabile al fine di contenere il contagio, dall’altro, la diffusione e la condivisione di notizie riservate, addirittura associate a foto e dettagli di ogni genere, rischiano di tradursi in una grave violazione dei dati personali.

Accade sempre più spesso che il Garante della Privacy riceva segnalazioni e reclami relativi alla diffusione, tramite social network e canali di informazione a mezzo stampa, di dettagli non essenziali al fine di notiziare sulla condizione di questi soggetti.

Seppur il Codice della Privacy preveda delle deroghe al diritto alla riservatezza, l’illecita diffusione di dati personali resta sanzionabile:

  • sul piano civile: chi dalla stessa avrà subito un danno potrà attivarsi al fine di ottenere il risarcimento;

  • sul piano penale: una simile condotta è punita con la reclusione fino a tre anni.   Nel caso di pubblicazione dei nominativi sui social network, sarà persino ravvisabile il reato di diffamazione a mezzo stampa. Inoltre, chi condivide notizie infondate e crea falsi allarmismi rischia una denuncia per procurato allarme, reato punibile, ai sensi dell’art. 658 c.p, con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da dieci a cinquecentosedici euro.

RISERVATEZZA E DIRITTO DI CRONACA

Anche con riferimento agli operatori dell’informazione, il Garante ha precisato come gli stessi debbano “astenersi dal riportare i dati personali dei malati che non rivestono ruoli pubblici, per questi ultimi nella misura in cui la conoscenza della positività assuma rilievo in ragione del ruolo svolto”. Essi dovranno attenersi a dati statistici omettendo riferimenti anagrafici, immagini, e tutto ciò che possa far risalire all’identità della persona.

Il diritto alla riservatezza, pertanto, non può essere sacrificato in modo del tutto ingiustificato: non dimentichiamo, del resto, che, anche in tempo di pandemia, a tutto c’è un limite!

Se ti ritrovi in una di queste situazione sopra evidenziate, sia come soggetto che ha divulgato informazioni sensibili, sia come soggetto passivo che si è ritrovato coinvolto in spirali infinite di chat ed altri strumenti simili, sappi che è necessario comprendere in maniera analitica quelli che sono i diritti e doveri di un cittadino. Il nostro Staff è a Tua completa disposizione per darti che risposte che cerchi.

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La redazionePRIVACY E CORONAVIRUS: RISCHI DA NON CORRERE