La redazione

ATTENTI ALL’EREDITA’. NON SEMPRE CONVIENE ACCETTARE!

 

La morte rappresenta una normalissima fase della vita di ognuno di noi.

A seguito della dipartita di un individuo, oltre alle conseguenze di natura fisica della morte, si aprono delle incombenze che permetteranno il trasferimento dei beni – lasciati dal defunto – agli eredi.

L’accettazione dell’eredità è, pertanto, un atto fondamentale ai fini dell’acquisto della qualità di erede e può essere espressa o tacita.

Ma attenzione: chi accetta l’eredità NON PUO’ PIU’ TORNARE INDIETRO E RINUNCIARE.

La rinuncia, al contrario, è un atto che deve essere effettuato con dichiarazione ricevuta da un notaio o da un cancelliere del Tribunale.

Ed infatti non sempre una eredità è conveniente, perché come si ereditano le “cose buone” (esempio: soldi, proprietà ed altro) si ereditano le “cose cattive” (debiti ect. etc..)

Prima di accettare l’eredità, però, i futuri eredi possono vedersi obbligati al disbrigo di alcune pratiche dei beni del defunto che non possono essere rinviate.

Ogni azione, però deve essere mirata esclusivamente ALLA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO EREDITARIO ( esempio: lavori urgenti indifferibili per evitare il crollo di una casa del defunto)

Una precisazione: gli atti fiscali, come ad esempio la presentazione della dichiarazione di successione, presentata da un parente, non comportano l’accettazione dell’eredità.

L’accettazione dell’eredità può essere anche TACITA e cioè quando il chiamato all’eredità compie degli atti con i beni del defunto che presuppongono implicitamente la qualifica di erede (esempio: riscuotere canoni di locazione del defunto)

Bisogna fare attenzione quando si ha il possesso dei beni del defunto e non si è ancora accettata l’eredità. Il fatto stesso di non far nulla, limitandosi a conservare l’eredità, non mette al riparo il futuro erede. Infatti c’è un articolo del codice civile (485 c.c.) che dice espressamente che “il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità e, qualora non rispetti tale termine, è considerato erede puro e semplice”.

Questa norma serve ad evitare che vi sia un possesso prolungato dei beni del defunto che porterebbe, comunque alla confusione con quelli del chiamato all’eredità.

Pertanto, se il chiamato all’eredità è nel possesso dei beni del defunto, deve fare un inventario per indicare quelli che sono i beni del defunto e, quindi, per tenerli separati da quelli propri.

Questa materia è, per molti versi, complicata e strutturata in modo tale da garantire non solo gli eredi futuri, ma anche le altre persone (ad esempio i creditori) che possono vantare dei diritti sui beni del defunto e che non devono subire un pregiudizio dai chiamati all’eredità che non si decidono ad accettare.

È opportuno, pertanto, rivolgersi a personale specializzato che possa fornire una consulenza completa sulle problematiche di una apertura della successione e per evitare che ci si possa ritrovare eredi senza neanche accorgersene e con esposizioni debitorie che possono rovinare la vita dell’ignaro erede.

Contattaci.

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SEI DIPENDENTE DA FACEBOOK? ATTENTO A NON ESSERE LICENZIATO!

Quante volte ci ripetiamo:  ok do solo una sbirciatina su FB per vedere quanti MI PIACE ha ricevuto il mio post”

Bisogna fare attenzione, però, a non distrarsi sul posto di lavoro!

Ed infatti, la passione oramai dilagante per i social può avere conseguenze di non poco conto, soprattutto se non si riesce a contenerla sul proprio posto di lavoro.

La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha ritenuto legittima la causa di licenziamento di una segretaria di uno studio medico che, lavorando part time ed utilizzando il computer dell’ufficio, ha effettuato 4.500 accessi su Facebook in soli 18 mesi.

Galeotta la cronologia che il datore di lavoro aveva prontamente controllato e che non lasciava alcun dubbio sull’uso inappropriato del pc ad opera della propria dipendente durante ben tre delle ore di lavoro giornaliere!

A seguito del provvedimento adottato nei propri confronti, la donna, ritenendo di aver sempre svolto le proprie mansioni correttamente, provvedeva ad impugnare il licenziamento sostenendo, a sua volta, di aver subito da parte del titolare dello studio medico una violazione della privacy.

Ricordiamo che in caso di licenziamento per giusta causa, per poter stabilire se la lesione del vincolo fiduciario sia tale da giustificare tale massima sanzione disciplinare, il giudice deve valutare la gravità dei fatti addebitati al lavoratore e la proporzionalità fra gli stessi e la sanzione inflitta. Ebbene, nel caso che ci occupa, la Cassazione ha ritenuto LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO IN QUESTIONE, ESCLUDENDONE LA NATURA RITORSIVA O DISCRIMINATORIA e, respingendo i ricorsi proposti dalla donna, ha quindi confermando in via definitiva il verdetto d’appello pronunciato nei confronti della stessa, ritenendo la gravità del comportamento «in contrasto con l’etica comune» e condannandola anche alle spese di giudizio.

Pur se non sempre il numero elevato di accessi è sinonimo di perdita di tempo sul posto di lavoro, in questo caso, atteso l’elevato numero di accesso ai social, il comportamento della dipendente è stato ritenuto idoneo a pregiudicare il rapporto fiduciario con il titolare dello studio medico, indipendentemente dall’eventuale correttezza delle mansioni svolte dalla stessa.

Dunque, ATTENZIONE ALL’USO CHE SI FA DELLA RETE SUL POSTO DI LAVORO: una compulsiva e irrefrenabile consultazione dei social può costituire un comportamento particolarmente grave tale da fa venir meno uno degli elementi essenziali del rapporto lavorativo, e giustificarne, così, la cessazione mediante licenziamento.

Hai bisogno di una consulenza per comprendere quelli che sono i tuoi diritti, ma anche i tuoi obblighi sul posto di lavoro?

Non esitare a contattarci.

Ogni caso va valutato nello specifico dunque occorre affidarsi a personale specializzato che possa studiare la questione in maniera competente e approfondita.

Il nostro Staff di avvocati è a tua completa disposizione!

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BUCA PER STRADA: SE INCIAMPI E’ COLPA TUA!!

 

Gli Ermellini, in una recente sentenza della Cassazione, tornano su una questione di stringente attualità: le insidie stradali.
In pratica cosa hanno stabilito? Cerchiamo di tradurre in termini semplici e pratici al fine di rendere il contenuto della sentenza comprensibile a tutti.

I giudici hanno così deciso: se l’insidia stradale (buca) è PREVEDIBILE – e cioè se le le dimensioni della stessa sono notevoli e ci sono buone condizioni di visibilità – non può esserci il risarcimento del danno!
Hanno poi espresso un principio molto importante: chi vuole citare in giudizio il Comune, DEVE DIMOSTRARE la responsabilità dell’Ente (come succede per i sinistri stradali in cui chi propone la causa deve dimostrare la responsabilità della controparte nel verificarsi del sinistro).

Fino ad ora, invece, quasi sempre, si seguiva un altro principio e cioè quello DELLE COSE IN CUSTODIA (chi ha una cosa in custodia -come il Comune ha le strade-  deve provare di aver attuato tutti gli strumenti idonei ad evitare un danno a terzi e facendo leva su un evento di forza maggiore che non poteva essere previsto).
La differenza, in questo caso era ENORME perché era il Comune che doveva provare la propria diligenza, mentre il danneggiato non doveva provare nulla!

Quindi, in base alle ultime sentenze, sarà fondamentale accertare il comportamento del danneggiato: se non emerge che la buca non era prevedibile (ad esempio nascosta dall’acqua) o non visibile perché nascosta (ad esempio mattone traballante), costui potrebbe correre il rischio di perdere la causa!
Occorre fare attenzione anche se la buca era segnalata dal Comune o  se il danneggiato era solito passare da quella strada (il fatto di frequentare quella via potrebbe far intendere che non poteva negare di aver visto, almeno una volta quella insidia!).

Al di là della interpretazione giuridica che il più delle volte è altalenante, come siamo stati abituati negli ultimi anni, a nostro avviso i Giudici dovrebbero anche tenere in considerazione diversi aspetti.
Esempio: si pensi ad un pedone che, in quanto tale, vuole fare quattro passi a piedi per prendere un po’ di aria. Ebbene, se ognuno di noi esce a piedi e deve fare attenzione ESCLUSIVAMENTE ad evitare la buche per non farsi male, arriva all’assurdo
– di prendere la propria autovettura per evitare di uscire a piedi! E sempre che le stesse non siano tali da far scoppiare anche gli pneumatici della macchina!?!
– oppure chi va in vacanza a Roma che non può godere della bellezza storica dei monumenti perché deve fare attenzione alle buche per strada (situazione conosciuta anche dai Giapponesi che vengono a visitare l’Urbe) e quindi col rischio di non ottenere il risarcimento per le lesioni subite perché PREVEDIBILI!

Quindi bisognerebbe contemperare tutti gli interessi in gioco e, FORSE, RAGIONARE, ANCHE IN TERMINI PRATICI. Questo al solo fine di evitare paradossi come quelli sopra enunciati.

In ogni caso occorre fare molta attenzione per districarsi in questa confusione che molte volte si crea.
È quindi necessario rivolgerci a professionisti preparati che possano ricostruire la dinamica dell’evento per far comprendere all’utente se ci sono reali e concrete possibilità di ottenere il risarcimento nei confronti del Comune.
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VITA DIFFICILE PER I TECNOLOGICI ALLA GUIDA!!

 

 

 

 

Ormai tutti viaggiamo in macchina col cellulare in mano, intenti a mandare messaggi vocali o ad ascoltarne altri lunghissimi nel mentre si cerca di ingranare la marcia con la mano sinistra…

Ma le cose stanno cambiando. Sono state presentate delle proposte di legge per rendere ancora più aspre le sanzioni attualmente previste. E questo giustamente. Non si può rischiare e far rischiare ad altri la vita per una telefonata o per un messaggio di Waths App.

Oggi, il Codice della strada vieta la guida con cellulare in questi termini:

il conducente non può durante la marcia utilizzare «apparecchi radiotelefonici» né cuffie sonore, fatta eccezione per chi guida un veicolo delle Forze armate o dei Corpi di polizia oppure adibiti ai servizi delle strade e delle autostrade, nonché al trasporto di persone in conto terzi”.

In pratica, il Codice oggi parla genericamente di apparecchi radiotelefonici, quindi di qualsiasi dispositivo atto a fare o ricevere telefonate, e cita anche in modo più specifico le cuffie intese come quelle con cui si ascolta la musica.

Si può, invece, parlare al telefono col sistema vivavoce o tramite auricolare. Chi si trova alla guida deve sempre avere le mani sul volante e mai impegnate nell’armeggiare con i dispositivi elettronici.

Infatti l’articolo, stabilisce che sono consentiti solo quei dispositivi «che non richiedono per il loro utilizzo l’uso delle mani».

Quindi il legislatore ha ritoccato alcune norme per inasprire le sanzioni nei confronti di chi viene trovato col cellulare in mano, anche se intento a pigiare un solo tasto.

L’attuale proposta, infatti, prevede la sospensione della patente da uno a tre mesi già la prima volta in cui l’automobilista viene trovato al volante con il cellulare in mano. Fino ad oggi la sospensione scatta, infatti, in caso di ripetizione dell’infrazione. Anche l’importo della multa è stato fortemente aumentato. In caso di ripetizione dell’infrazione nell’arco di un biennio, la multa sarà più salata.

La proposta di legge prevede che la sanzione può arrivare non solo se si sta guidando con il telefonino in mano, ma anche se si allontana una mano dal volante per premere qualche tasto dal navigatore o per pigiare l’icona che consente di ricevere una telefonata o di spegnere l’apparecchio! Questo significa anche che è vietato toccare il navigatore mentre si guida, a meno che non sia dotato di comandi al volante, come la radio o in caso di comandi vocali di cui dispongono già oggi molti modelli.

Quindi il conducente non deve mai staccare le mani dal volante, come stabilito dal Codice della strada. Se vuole parlare al telefono il conducente se non è dotato dei mezzi tecnologici che gli consentono di parlare CON LE MANI SEMPRE SUL VOLANTE, dovrà fermare l’auto per parlare al telefono.

Oltre al telefono saranno vietati durante la guida tablet e computer portatili.

La vita si fa davvero dura la vita per gli incalliti del telefono!

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RECESSO NELLA LOCAZIONE. COME E QUANDO?

 

Assicurazione sulla vita

 

Quale è l’incubo di tutti gli inquilini che vogliono lasciare la casa in cui abitano?
Lo sappiamo tutti! La paura principale è quelle se riuscirà a recuperare o meno la caparra data al momento della sottoscrizione del contratto di locazione.

DURATA LOCAZIONE
Nei contratti di locazione viene sempre inserita la durata.
Nella maggior parte dei casi la durata è prorogabile per gli stessi anni stabiliti nel contratto, se il proprietario o l’inquilino non inviano, ENTRO IL TERMINE STABILITO, una raccomandata con ricevuta di ritorno con cui comunicano di non voler rinnovare la locazione.
Esempio: se il contratto ha durata di quattro anni dal 01.01.2019 ed è prevista la clausola di un preavviso di almeno 3 mesi per il recesso, l’inquilino dovrà trasmettere una raccomandata entro il 30.09.2023. se non la invia, il contratto si rinnoverà per altri 4 anni.

Una sola precisazione: naturalmente parliamo di contratti regolarmente registrati, perché per IN NERO SONO NULLI! In questo caso non ci sono clausole valide tra le parti ed ognuna potrà agire come meglio crede. In caso di contrasto tra inquilino e proprietario, allora, occorrerà andare in Tribunale per fare decidere al Giudice anche sui canoni pagati che si basavano su un contratto nullo!
A differenza quindi dei primi due casi, che richiedono sempre l’accordo tra locatore e conduttore (cosiddetto «recesso convenzionale»), il recesso per gravi motivi invece spetta per legge anche se non inserito in contratto (infatti si parla di «recesso legale» in quanto previsto dalla legge e obbligatorio a prescindere dalla volontà dei due contraenti).
La legge, poi, consente al conduttore il RECESSO PER GRAVI MOTIVI in qualsiasi momento Ma anche in questo caso bisogna dare un preavviso di almeno sei mesi sempre con la “solita “ raccomandata.

Quali sono i gravi motivi?
Ecco alcuni esempi:
– impianti non a norma;
– trasferimento per lavoro dell’inquilino;
– perdita di lavoro dell’inquilino;
– ampliamento della famiglia;
– invalidità del conduttore che non consente una normale vita nell’immobile
– altri casi che potranno essere decisi dal Giudice in caso di contrasto delle parti.

MA A COSA SERVE IL PREAVVISO?
Il preavviso serve per evitare un danno al proprietario. Ed infatti, messo a conoscenza della volontà dell’inquilino di andare via, il proprietario potrà iniziare a cercare un nuovo inquilino da far entrare non appena la casa sarà libera. Se, invece, il preavviso non viene dato, il proprietario potrebbe non aver il tempo per trovare un nuovo inquilino ed ecco che potrà comunque chiedere i canoni a quello che è andato via senza rispettare il termine.

CONCLUSIONE Non è previsto alcun tipo di recesso anticipato per gravi motivi senza preavviso. Il preavviso, salvo diverso accordo, va comunque dato. Ciò non toglie che il proprietario potrebbe rinunciare al suo diritto e quindi, se c’è l’accordo della parti, far inserire nel contratto che l’inquilino può andare via senza preavviso.

In ogni caso questa materia è complessa e delicata. Ogni caso va valutato nello specifico.
Occorre affidarsi a personale specializzato che possa studiare la questione approfonditamente.
Noi di Spazio Legale vi offriamo tutta la consulenza necessaria per comprendere tutti i risvolti civilistici e fiscali alla base delle vostre richieste.
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Prescrizione: cos’è nel dettaglio

Quando un reato cade in prescrizione, si sta implicitamente dicendo che è come se non fosse accaduto. Tutti gli effetti penali e le multe che vi erano correlate non sono più validi e l’autore può uscirsene penalmente pulito, senza preoccupazioni. Questo è quello che comunemente è inteso come “prescrizione”. Ma ovviamente, giuridicamente parlando è un po’ più complicato di così e si applica a reati, ma anche ai diritti. Ecco la prescrizione in ogni suo dettaglio!

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